Messaggio di Gigi S.:
Ciao a tutti,
Bellissimo articolo uscito sull’AVVENIRE il 2 novembre 1896, all’apertura del triduo per la festa dei Ss. martiri Vitale e Agricola.
Erano sei anni dalla scoperta delle rovine sepolte della cripta.
I lavori di rifinitura e arredo della cripta erano ancora in corso.
Il 3 novembre venivano consacrati i tre altari restaurati.
Il foglio del giornale è conservato nell’archivio della Soprintendenza di Bologna.
“A CHI VISITA LA CRIPTA DURANTE I GIORNI DELL’OTTAVA E’ STATA CONCEDUTA L’INDULGENZA PLENARIA”.
Da leggere!!!
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UNA CURIOSITA’: Quando è nato AVVENIRE D’ITALIA?
LA RISPOSTA: In calce a questo articolo
PRIMO ARTICOLO
su “Avvenire d’Italia” del 2 novembre 1896
con riferimento ai Ss. Martiri e la Cripta
Contenuto del primo articolo
LA CRIPTA
DEI
SANTI VITALE ED AGRICOLA
Quanto dolci memorie al cor ne torna
Quanto di volte ed archi umil struttura
Sono scorsi sei anni precisi, dal giorno in cui la notizia di un faustissimo avvenimento che rimarrà memorando negli annali della città si diffondeva per Bologna, il rinvenimento cioè di uno dei suoi più vetusti Santuari dedicato alla memoria dei Ss. Vitale e Agricola.
Già un’antichissima tradizione indicava il luogo ove sorse la Chiesa parrocchiale sacra agli stessi Santi, come quello ove questi eroi della fede di Cristo, soffersero il martirio, nella persecuzione di Diocleziano. Anzi l’antica denominazione rammentava l’arena nella quale i due gloriosi martiri avevano sparso il loro sangue: ruinata l’arena i cittadini già convertiti avevano costruito un tempio sacrandolo alla loro memoria, servendosi di quegli stessi marmi che furono testimoni della loro sanguinosa agonia.
La fama dei due illustri martiri non rimase chiusa entro le mura della loro patria. Il grande Sant’Ambrogio nel suo libro De exhortatione verginitatis narra che egli si portò da Milano a Bologna appositamente per scoprire e raccogliere con le proprie mani le sacre reliquie.
“Sepolti erano i santi martiri”, così il grande dottore della Chiesa, “nel cimitero dei Giudei e tra cadaveri dei Giudei medesimi. Ambirono costoro di avere il sepolcro comune con i servi di un padrone che avevano negato.
Ivi pertanto ricercammo le spoglie dei martiri quasi cogliendo tra le spine, le rose.
Nell’estrarsi le Sante reliquie eravamo circondati da Giudei, e trovavasi presente il popolo della Chiesa con applauso e allegrezza. Boi abbiamo raccolto i chiodi dei Martiri e questi ben molti, onde conviene dire che furon ben più le ferite che le membra, e finalmente raccolto abbiamo il triofal sangue e il legno della Croce.” Sant’Ambrogio poi portò seco a Firenze alcune reliquie deponendole in una Basilica che fece in quella città notizia che abbiamo da San Paolino vescovo di Nola: “Et magna illic lotius plebis sancta laetitia atque exultatio fuit.”.
Parte di esse furono anche traslate in Francia a Reims ove sono tuttora oggetto di grande venerazione, come abbiamo dal Tillemont, dal Ruinalt e da altri autori.
Papa Benedetto XIV nelle sue celebri annotazioni accenna ad una Santa Giuliana, molto probabilmente Santa Giuliana de’ Banzi, la quale fece costruire la chiesa sul luogo del martirio tra il IV e il V secolo. Ma qualunque sia l’origine di quella Chiesa, è certo, che come lo indica la cripta esistente, era fra le più antiche di Bologna
Ma qualunque sia l’origine di quella Chiesa, è certo, che come lo indica la cripta esistente, era fra le più antiche di Bologna, e fu fabbricata al pari dei santi Pietro e Paolo annessa a S. Stefano, ed alla Chiesa dei Ss. Naborre e Felice fuori dell’antico recinto, poco lungi della città, la quale come a ponente non giungeva allora più in là del luogo ove oggi è la piazza Malpighi, così a levante non estendevasi oltre Porta Ravegnana, né oltre il corso dell’Aposa.
La Chiesa antica era volta come di rito, ad oriente, ed aveva come si scorge ancora nella parte che è rimasta, tre absidi; quella della cappella maggiore e le due delle cappelle minori che le stavano ai lati: del qual tipo architettonico prettamente romanico non si conservano a Bologna che due esempi, l’uno nell’accennata antichissima Chiesa Ss. Pietro e Paolo, l’altro in quella di San Colombano.
Sotto il presbiterio dell’antica chiesa era la cripta che ora completamente restaurata verrà riaperta al culto dei fedeli.
Le sue volte sono sostenute da pilastri di pietra rettangolari privi di base e coronati da capitelli assai rozzi che non portano tracce di scultura né di cornici.
Oltre che da questi pilastri in pietra, le volte sono sostenute in due punti da grossi pilastri in laterizio a mezze colonne addossate, già destinati evidentemente a continuare fino alla volta della Basilica. Nel fondo della cripta poi, nei tre vani formati delle absidi sorgevano i tre altari di cui rimangono soltanto le fondazioni, e due larghe aperture con archi, (l’uno costruito interamente di selenite, l’altro a zone alternate di selenite e laterizio) davano adito dalla cripta alle due navi laterali della Basilica, mentre nella nave di mezzo stava la grande scala che ascendeva al presbiterio.
Dell’avere rinvenuti molti massi di selenite superficialmente bruciacchiati, si può ritenere che l’antica basilica romanica fosse distrutta da un incendio. Le sue ruine servirono però ad altra costruzione, che nel XV secolo cedette il posto ad altra chiesa di stile ogivale con la fronte in via San vitale, ora del tutto rimodernata.
Delle più antiche costruzioni nulla così rimase, senonché un piccolo avanzo dell’ingresso al presbiterio e la cripta, la quale restò dedicata al culto fino alla fine dello scorso secolo. Ma poi il turbine rivoluzionario che distrusse ogni nobile e sacra memoria non risparmiò neppure questo luogo così caro alla fede dei veri cittadini. Espulse le monache, che avevano ivi costruito un monastero, nuovi possessori entrarono nella sacra dimora.
In breve tempo quell’insigne monumento storico e religioso fu tramutato in grotta e poscia lasciato affatto in abbandono.
Quando in seguito ad un caloroso appello diramato alla cittadinanza da un Comitato eletto dall’E.mo Battaglini di s. m. si cominciarono i lavori di restauro, vennero rinvenute molte tombe romane manomesse, insieme ad una infinità di ossa e di scheletri che furono trasportati alla Certosa.
Venne anche rinvenuto un avanzo di cibo romano che fu collocato nel cortiletto esterno divenuto così un piccolo museo di avanzi, di capitelli, di massi, di mosaici, di frammenti pavimentarii ecc. Fra i massi ve ne ha uno che porta traccia di un pesantissimo cardine e che probabilmente era situato nell’antica arena: una tomba romana è stata conservata nel corridoio di risanamento a destra.
Internamente la cripta è stata completamente restaurata; le mense dei due altari laterali in marmo pario, sono dovute alla munificenza del Conte Giovanni Acquaderni; come pure l’altare di mezzo in marmo di Carrara.
Attorno a questa mensa, per ricordare la munificenza del donatore sono stati incisi i seguenti versi leonini perfettamente imitati e dettati dal prof. can. Luigi Breventani:
HIC LUDO EFFRENAM MORS SATIAVIT ARENAM AGRICOLAE ET VITALIS ARA HAEC SACRIFICALIS VICENA EN DEMPTIS QUINQUE ANNIS SEDE REDEMPTIS CENTUM POST ANNIS SURGIT PIETATE JOANNIS QUI DEDIT ALTARI MENSAM DE MARMORE PARI LAUS A KLATERNA COMITI ESTO IN LUCE SUPERNA.
Sulla fronte dell’altare di mezzo è stata rimessa una antica lapide che ivi già esisteva, ma che poi venne trasportata in Santo Stefano: la lapide dice così:
HIC REQUIESCUNT CORPORA SANTORUM VITAKIS ET AGRICOLAE ATQUE ALIORUM SANCTORUM RELIQUIAE.
Nello stesso altare verranno poste quanto prima le reliquie dei Santi in un’urna elegantissima che rimarrà visibile mediante una artistica inferriata.
Di fronte all’altare esiste un pozzo detto di S. Giuliano che la tradizione vuole sia quello ove furono gettati i sacri corpi dei martiri; ora dopo essere stato ripulito vi zampilla abbondante e fresche acque chi si può avere mediante una pompa costruita nell’attiguo corridoio.
Il pavimento della cripta è l’antico, fatto con lastre di pietre romane. Il lavoro di ripristino, ora compiuto dopo cinque anni da che si mise mano ai restauri venne diretto dall’ing. conte Annibale Bentivoglio con raro intelletto d’amore e d’arte, e con l’opera assidua; nonché dal canonico Luigi Breventani il quale ha trasfuso in questi lavori tutta la genialità eminentemente artistica del suo ingegno acuto ed osservatore, e della sua singolare perizia in materia archeologica.
Essi si attennero scrupolosamente nella ricostruzione ai pochi avanzi che esistevano ancora, ed il lavoro venne approvato dal ministero della P.I. e dall’architetto Raffaele Faccioli ispettore Regio dei monumenti.
Ai due egregi personaggi, ed alla intera Commissione che nulla ha lasciato intentato per restituire nella sua integrità un sì nobile e di insigne monumento patrio, religioso, storico ed archeologico il plauso dell’intera cittadinanza. UBI.
RISPOSTA ALLA CURIOSITA‘
Interessante scoprire che Avvenire (nato come Avvenire d’Italia e fondato da Giovanni Acquaderni) è uscito per la prima volta il 1° novembre 1896 ovvero il giorno prima dell’uscita del giornale in cui risaltano gli articoli sui Santi Vitale e Agricola (sono stati PROTO anche in questa circostanza).
Contenuto del secondo articolo